IL SANTUARIO DEL NOCE

Santuario del Noce

A breve distanza dal Santuario della Visione, un suggestivo viale alberato di noci e di tigli conduce al piccolo Santuario del Noce, voluto dal conte Gregorio Callegari di Camposampiero nel 1432. In questo luogo sorgeva un albero di noce sul quale il conte Tiso aveva costruito una celletta usata dal Santo come piccolo eremo di preghiera e contemplazione. Ampliato in tre momenti successivi, è stato arricchito nella seconda metà del sec. XV da un ciclo di affreschi di Girolamo Tessari, detto Del Santo, che raffigurano i più importanti miracoli operati da s. Antonio. L'abside è dominata da una pala di Bonifacio De Pitati raffigurante il Santo che predica dal noce (1536). Nel 1967 a lato del piccolo Santuario fu aperto un Monastero di clarisse che hanno trasformato l'Oratorio in una casa di preghiera.

Storia e ingresso del santuario

“Il Signore si manifesta a coloro che sostano nella pace e umiltà di cuore.
In un’acqua torbida e movimentata non appare il volto di chi vi si specchi.
Perciò, se vuoi che il volto di Cristo apparisca nel tuo volto,
fermati, raccogliti nel silenzio, chiudi le porte dell’anima allo
strepito delle cose esteriori”
(s. Antonio di Padova)

Usciti dal Santuario della Visione, un viale alberato conduce al vicino Santuario del Noce, così chiamato perché sul posto sorgeva il noce caro a s. Antonio. L’elegante protiro fu aggiunto agli inizi del sec. XX, quando la chiesetta venne restaurata e la snella facciata abbellita con tre guglie (la centrale accoglie una statua del Santo). Di epoca più antica il campaniletto a vela. La chiesetta consta di tre corpi architettonici. Il primo, m. 9x6, fu fatto erigere nel 1432 dalla comunità dei frati unitamente al nobiluomo Gregorio Callegari, per ricordare un luogo santificato dalla presenza del Taumaturgo. La seconda sezione dell’oratorio venne aggiunta una ventina-trentina d’anni dopo, e misura m. 6x6. Solo nel 1865 fu costruita, in forme assai modeste, l’abside che fungeva anche da sacrestia. Nell’abside rifatta in stile neogotico su disegno di Augusto Zardo nel 1901, fu incastonata la tela di Bonifacio da Verona.

Accedendo al protiro, lo sguardo va spontaneamente alla lunetta parentesi sopra il portale. Vi sono raffigurati la Vergine con il Bambino, tra s. Girolamo e s. Antonio. Maria stringe ai fianchi il bimbo Gesù, il quale sta ritto, rivolto verso il Taumaturgo; egli prende con la sinistra il giglio offertogli dal Santo, che è munito d’un libro chiuso. La Vergine tiene gli occhi rivolti a terra. Accanto a Lei, s. Girolamo, immerso nella lettura d’una solenne Bibbia, sembra estraneo alla scena. La presente è come l’ouverture del poema pittorico squillante all’interno: l’Apparizione del divino Infante al suo Apostolo.

Girolamo dal Santo, pittore

Entrando nella chiesetta del Noce il visitatore è immediatamente colpito dagli affreschi che ricoprono le campate del santuario, opera di Girolamo Tessari. Girolamo Tessari, detto «dal Santo» perché aveva la sua abitazione presso la Basilica di S. Antonio, nacque in Padova nel 1480 circa, e vi si spense intorno al 1561. Suo maestro fu il padre, Battista, che praticava la pittura. Buon artista, dotato di ottimo mestiere, diligente assimilatore, dipinge «in dialetto padovano». Egli desume atteggiamenti espressivi dal Mantegna, dal giovane Tiziano, da altri «addetti alla pittura» locali. La sua fama si diffuse anche fuori Padova, se fu chiamato ad eseguire affreschi a S. Maria di Castello a Udine. I suoi dipinti più importanti sono conservati a Padova: alla Scoletta del Santo, a S. Maria in Vanzo (Seminario Maggiore), alla Scuola del Carmine. Suo capolavoro, le storie della Vergine nella chiesa di S. Francesco. Quanto al ciclo che ora stiamo per ammirare, si tratta di un’attribuzione, sorretta da forme ed echi del tessuto espressivo confrontati con creazioni certe del maestro padovano. Non essendoci pervenuti documenti, non conosciamo né chi siano stati i committenti del poema pittorico antoniano, né la data di esecuzione. Si può ipotizzare l’anno 1530 circa, e che l’incarico venisse affidato a Girolamo dalla comunità francescana che aveva la cura dell’oratorio.

L'interno del santuario e gli affreschi di Girolamo dal Santo

A) Affreschi della prima campata

  • 1. Miracolo del cavaliere caduto
  • 2. Il calice di cristallo
  • 3. Miracolo del piede riattaccato
  • 4. S. Antonio predica ai pesci
  • 5. I cibi avvelenati
  • 6. Il neonato che parla
  • 7. La mula adora l’Eucaristia
  • 8. Il Santo predica dal noce
  • 9. Miracolo dell’anello ritrovato
  • 10. La predica pentecostale

1. PRAECIPITATVS EQVO DVM SANCTVM MENTE PRECATVR EVADIT VITAE DVRA PERICVLA EQVES
Caduto da cavallo, mentre si raccomanda al Santo, il cavaliere viene liberato da pericoli mortali.

2. INTACTVS REMANENS CALIX PROIECTVS AB ALTO PVRGANS HAERETCVM DOGMA PROBAT FIDEI
Il calice di vetro che resta intatto pur gettato dall’alto converte l’eretico, provando la verità della fede.

3. DVM LEVAT INFLICTVM SACRO MEDICAMINE VULNVS NOS DOCET INDVBIAM DIVVS HABERE FIDEM
Mentre miracolosamente guarisce la grave ferita, il Santo c’insegna ad avere una fede inconcussa.

4. QVAS NEGAT HAERETCVS SACRIS SERMONIBVS AVRES PRAESTARE HIC PARVLAS PISCIS HABERE FIDEM
Quelle orecchie attente che gli eretici si rifiutavano di offrire ai sacri sermoni, qui i pesci mostrano di porgere.

5. PESTIFERVM HIC ANIMAL PROPOSITVM INANE VENENI EFFICIT A DIVO CRVX SVPER ARCTA CIBOS
Un segno di croce tracciato sui cibi del Santo, rende inefficace l’animale velenoso.

6. VXOREM VITIO SVSPECTAM PVRGAT AB OMINI DVM IVBET INFANTEM DIVVS ADIRE PATREM
Il Santo libera una moglie dal sospetto di tradimento, ordinando all’infante d’individuare suo padre.

7. HIC EIDEM CVLTVM SACRAMENTO PRAESTAT ASELLVS QVOD VERVM IMPIETAS HAERERIS ESSE NEGAT
Qui un asinello presta culto a quel sacramento che l’eretica empietà nega essere vera presenza di Cristo.

8. DVM SACRUM HIC SERITVR SEMEN QVAE SATA PER AGROS CALCANTVR PEDIBVS MOX MAGIS AVCTA VIGENT
Qui, mentre viene seminata la sacra Semente, le messi calpestate dai piedi risorgono più vigorose.

9. INVENIT AMISSAM PRETIVM PRO MVNERE DIVVS REDDITVR ET DOMINO GEMMA REPERTA SVO
Il Santo ritrova la pietra preziosa che viene restituita al padrone, in seguito a un dono offerto da costui.

10. MALLEVS HAERESERON ET FOEDERIS ARCA VOCATVR PATRIBVS HIC FACIENS VERBAQVE GREGORIO
Mentre il Santo rivolge un sermone a papa Gregorio e ai cardinali, riceve gli appellativi di Martello delle eresie e Arca dell’Alleanza.

Merita uno sguardo l’effige del Redentore, a mezzo busto, affrescata nello spicchio di muro, sopra il centro dell’arcone che separa il primo dal secondo comparto della chiesetta.

B) Affreschi della seconda campata

  • 1. S. Giovanni Battista
  • 2. S. Giuseppe
  • 3. B. Giacomo Ongarello
  • 4. S. Berardo e compagni protomartiri
  • 5. B. Damiano Conti
  • 6. B. Cherubino da Spoleto
  • 7. B. Michele da Milano, s. Giacomo della Marca, s. Giovanni da Capestrano
  • 8. B. Bernardino da Feltre
  • 9. B. Luca da Padova
  • 10. S. Daniele e compagni martiri
  • 11. B. Giacomo da Padova

 

Il comparto centrale del santuario sembra sia stato abbellito da affreschi contemporaneamente alla prima campata e dalla stessa «ditta» di Girolamo dal Santo, maestro cioè e collaboratori. Alla base delle 11 lunette corre una fascia decorativa, in cui vediamo alternarsi un motivo vegetale al viso d’un angioletto. Le lunette: 8 sono abitate da una sola figura, le tre rimanenti da 3, 5, 7, immagini rispettivamente. Si tratta di santi o beati ritratti a mezzo busto. Nessuna figura femminile. Gran parte presentano l’emblema del libro, la Bibbia, segno di sapienza.

C) La tela dell'abside

L’abside è abbellita dalla grande tela a olio: S. Antonio predica dal noce. Un tempo era sistemata sopra l’altare. L’autore è Bonifacio da Verona. Come artista, si formò e operò nel mondo pittorico tizianesco. Discepolo di Jacopo Palma il Vecchio, fu maestro di Palma il Giovane. Appartenne alla famiglia Pitati, ebbe un’esistenza operosa (c. 1487-1553).

A seguito delle ricerche di Massimo Gasparini, l’opera va collocata intorno al 1536, quando era podestà veneziano di Camposampiero il nobiluomo Ermolao Pisani; committente ne sarebbe stato Girolamo II Callegari. Campeggia, al centro del dipinto, un noce dal robusto tronco e dal dilatarsi di grandi rami fogliuti, tre dei quali vediamo mozzati. Siamo in un gioioso paesaggio pedemontano. All’orizzonte, un confortante cielo sereno, su colline, alberi e aree abitate e coltivate (a destra); una città turrita, ma senza accenti minacciosi, accogliente e pacifica (a sinistra). Dall’alto della maestosa pianta, s. Antonio, seduto tra i rami, sta tenendo un sermone: con la mano destra indica il cielo, con la sinistra segna i punti dell’argomentazione. Indossa il saio francescano color cenerino e cinto dalla corda. Ai piedi dell’albero, un bimbo gioca col suo cagnetto cui mostra le ciliegie; un amichetto sta osservando. Gli ascoltatori, alcuni in piedi, la gran parte seduti, con gli occhi fissi sull’oratore, appaiono compresi e avvinti. Sulla destra, in piedi, un gentiluomo, spada al fianco, in elegante costume del primo Cinquecento. Dietro a lui, lo spazio riservato alle donne. Ne scorgiamo due con la corona in mano; più oltre, altre due stanno parlandosi all’orecchio. Ai margini, un crocchio d’uomini (uno brandisce un’alabarda) circonda un signore anziano, seduto su d’una poltrona.

Sulla sinistra, un dignitario assiso su una panca coperto da un prezioso drappo. Ha i capelli lunghi, barba e baffi, la persona avvolta in una lunga veste rossa, cintura ai fianchi, stola sulla spalla: il podestà veneziano di Camposampiero? Più in là, un elegante signore fa l’elemosina a un poverello. Dietro, un tale abbozza una riverenza a due francescani che avanzano, mani nelle maniche, l’uno con il cappuccio sulla testa, l’altro a capo scoperto? Nella cèntina ammiriamo la Madonna con il Bambino benedicente, adorato da s. Giovanni Evangelista e da s. Francesco d’Assisi. Si tratta di un’aggiunta posteriore, che armonizza con il gesto del Santo.